Io Capitano: l’odissea contemporanea dei migranti secondo Matteo Garrone

Il film, presentato il 6 settembre alla Mostra del Cinema di Venezia e uscito nelle sale italiane il giorno successivo, è un romanzo di formazione tragico e appassionante che ha come protagonisti due adolescenti senegalesi che cercano di raggiungere l’Europa.

Di Gianluca Caccialupi

Il nuovo film di Matteo Garrone non tradisce le aspettative e viene accolto con dodici minuti di applausi alla Mostra del Cinema di Venezia 2023. Esente da ogni didascalismo, Io Capitano non è soltanto un film sui migranti, ma un appassionante racconto che si colloca a metà tra i generi dell’epica e del romanzo di formazione. Nella conferenza stampa del Festival Garrone ha esplicitamente parlato di “un’odissea omerica”, sottolineando come i migranti siano “gli unici portatori di un’epica contemporanea”.

Il protagonista di questa odissea contemporanea, tanto avventurosa quanto tragica, è Seydou, un ragazzo senegalese di sedici anni che, assieme al cugino Moussa, decide di lasciare Dakar per raggiungere l’Europa, vista come una sorta di terra promessa in cui i due potranno diventare famosi attraverso la loro musica e “firmare gli autografi ai bianchi”. Il principale motivo che spinge i due cugini a partire non è dunque una guerra, né una condizione di indigenza assoluta, ma un sogno adolescenziale che fin dall’inizio si scontra con il realismo degli adulti, che, consapevoli dei rischi che quel tipo di viaggio comporta, cercano di dissuaderli dal partire.

Nel suo viaggio dal Senegal al Mar Mediterraneo attraverso il Mali, il Niger e la Libia, Seydou diventa progressivamente adulto e si confronta con una natura e un’umanità ostili, crudeli e potenzialmente mortali: il Deserto del Sahara, i trafficanti di esseri umani privi di scrupoli, i poliziotti corrotti, gli schiavisti, le milizie libiche con i loro campi di detenzione e, infine, il Mar Mediterraneo. Con l’eccezione di alcune brevi sequenze oniriche, il regista mantiene un’attitudine realista, limitandosi a rappresentare gli eventi senza esprimere un giudizio e lasciando allo spettatore il compito di formarsi un’opinione.

Il film è dunque una rappresentazione della parte del viaggio dei migranti che normalmente non si vede nei media, quella compresa tra la partenza dai paesi d’origine e la traversata del Mediterraneo. Garrone ha parlato esplicitamente di un “controcampo” rispetto ai suoi due primi lungometraggi, Terra di Mezzo e Ospiti, in cui il tema principale era quello dell’integrazione – o mancata integrazione – dei migranti nella società italiana. Al contrario, in Io Capitano l’Italia o l’Europa sono quasi del tutto assenti: ciò che conta davvero non è la destinazione, ma il viaggio, inteso come sequenza di avventure e peripezie – odissea, appunto – e percorso di crescita e maturazione del protagonista.

Pur ispirandosi alle vicende di alcuni migranti che hanno realmente compiuto il viaggio verso l’Europa, il film non racconta una storia vera e non ha alcuna ambizione documentaristica. Questo non significa, ovviamente, che gli avvenimenti e le peripezie rappresentati non rispondono a un criterio di verosimiglianza: anche se mai accadute, le vicende di Seydou e Moussa sarebbero potute accadere e sono del tutto plausibili. Il realismo dei fatti narrati è uno dei principali punti di forza del film e permette allo spettatore sia di empatizzare con i personaggi di finzione, che di riflettere criticamente sulla realtà. In altre parole, Io Capitano, pur limitandosi a raccontare una storia, suscita
inevitabilmente nello spettatore una riflessione sul tema delle migrazioni e sulla superficialità con cui esso è generalmente trattato.

Tra i principali punti di forza del film occorre menzionare le ottime performance di Seydou Sarr (Seydou) e Moustapha Fall (Moussa), due attori non professionisti che riescono a trasmettere alla perfezione il carattere e l’umanità dei loro personaggi. Particolarmente efficaci anche la fotografia di Paolo Carnera, alla prima collaborazione con Garrone, e la scelta di mantenere le lingue originali dei vari personaggi, in particolare il wolof di Seydou, di Moussa e dei loro connazionali.

L’insieme di tutto questo rende Io Capitano un film particolarmente riuscito, in linea con gli elevati standard a cui Garrone ci ha abituati fin dall’inizio della sua carriera registica. Con ogni probabilità, lo spettatore uscirà dalla sala fortemente provato dalla forza emotiva della narrazione, ma allo stesso tempo con una consapevolezza più profonda delle peripezie, delle sofferenze e dei lutti che hanno dovuto attraversare le migliaia di migranti che negli ultimi decenni hanno tentato di raggiungere l’Europa.

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